Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino
Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino
[Amazon Prime · 2021]
Niente paura, non precipiteremo. Io sono immortale. Christiane
Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino (Wir Kinder vom Bahnhof Zoo, il bellissimo e violento titolo in tedesco dove kinder vuol dire “bambini”) è la serie televisiva tratta dal film, che è tratto dal libro, che poi è un’inchiesta giornalistica uscita a puntate su Stern, che è una storia vera e terribile, ma anche bellissima, fondamentale nella formazione di tutta la mia generazione.
La storia vera è quella di Christiane Felscherinow, che adesso è una signora (miracolosamente viva, anche se con tutte le complicazioni dovute al suo passato). Nel 1981 ha vestito i suoi panni l’attrice Natja Brunckhorst.
Nella pellicola Natja finiva gradualmente per autodistruggersi — nonostante tutti speravamo che non lo facesse — divenendo ogni minuto più fragile, più bella e più dannata.
Noi ce l’avevamo ben presente Natja. Per noi era Christiane F.
I nostri genitori, ma anche i professori a scuola, ci dicevano: “Guarda che brutta fine che fanno questi”. Eh sì, perché noi giovanotti nati tra la seconda metà degli anni Settanta e gli anni Ottanta dovevamo vedere con i nostri occhi attraverso i loro occhi i pericoli della città (e in particolare della droga) e la fine terribile che si può fare se non si dà retta a quello che dicono i genitori (in particolare con la droga).
Ecco, più che altro c’era la questione della droga. Qualsiasi tipo di stupefacente era un biglietto per un viaggio senza ritorno, lucidamente raccontato da un film con una colonna sonora spettacolare e allucinata (grazie a David Bowie) e da questi pazzi che si bruciavano la vita alla velocità della luce fregandosene di tutto e tutti, vivendo per strada vicino a una stazione, che poi quando ci andavamo da grandi (in interrail o fate voi) non era così terribile come nel film (o come nel libro, dove è davvero terribile, lo giuro).
Però se il libro e il film ci facevano toccare con mano questa lucida disperazione, queste vite bruciate in maniera tragica, la serie invece la guardiamo e scorre, lasciandoci come di fronte a una svendita ai grandi magazzini. È rimasto tutto, chiariamo, ogni cosa. David Bowie a parte perché non si poteva fare, così c’è uno che, di sfuggita, gli somiglia.
La colonna sonora si propone di essere altrettanto allucinata, perciò accosta Bowie a Damien Rice, Bloc Party, Cigarettes After Sex, Tame Impala, Lowchild, Wolf Alice, Winter Aid, Florence and the Machine…
Anche le corse in omaggio a Trainspotting e i deliri, le bugie, le cattiverie, la discoteca, la musica techno, il sesso, la droga e tutto lo schifo che vi potete immaginare. C’è. Solo che è tutto patinato. Troppo patinato.
Pure i bagni della stazione dove loro collassano e stanno perennemente a terra a fumare, a farsi, oppure svenuti dentro i loro cappotti. Nel film dicevi: “Che schifo! Ma come cazzo si fa?” Qui sembrano i gradini di una piazza qualsiasi: al massimo qualche cicca di sigaretta, qualche cartaccia malpiegata, cose così.
Gli attori bellissimi restano sempre bellissimi, puntata dopo puntata, buco dopo buco, droga dopo droga, qualsiasi cosa si prendano e solo quando arrivano all’orlo, vicino ai campi di lavanda, fanno il cosplay delle larve che l’abuso prolungato del veleno cui sono legati li ha fatti diventare.
Detto così, direte che questa serie fa schifo. Che non vale la pena.
A meno che non vi piacciano le cose fatte male, fatte in fretta.
No. Non è proprio così.
I ragazzi dello zoo di Berlino, i protagonisti — quelli che vivono come quelli che muoiono —, tutti, sono degli esseri orrendi. Questa è la sostanziale differenza dal film e dal libro. Nel film e nel libro, i ragazzi erano le vittime. Qui è tutto ribaltato.
Gli altri — i genitori, i professori, i loro clienti, i pervertiti, i dj, i compagni di scuola, persino un pedofilo — sono le vittime. Vittime di questi esseri cattivi, senza rispetto per nessuno, tanto meno per sé stessi. Sfacciati come solo un adolescente può esserlo. Vivi come solo un adolescente può esserlo.
La tassonomia del gruppo e l’arco dei personaggi ricorda Trainspotting, ma senza la celebrazione. Senza gli eroi. Rimangono solo le vittime. E non sono loro.
C’è Christiane, sparata in una nuova scuola, con i suoi occhi da cerbiatto e il sorriso Trainspotting che scoprirà poi. Ci sono i suoi genitori, immaturi e inconcludenti, che stanno per divorziare. C’è Stella, una compagna di classe; c’è il ragazzo di cui è innamorata come solo un’adolescente sa essere innamorata. Poi c’è la madre di Stella, anche lei immatura e alcolizzata; ci sono le prime sigarette, c’è Babsi che dovrebbe andare in collegio; c’è Dijan, il bel dj della discoteca Sound. Poi c’è Axel, c’è Benno, c’è Michi (che è già bellissimo e dannato, e si prostituisce). Quando finiscono al Sound e nel mondo di luci, droga e vizi di cui è intriso, è l’inizio di tutto.
Otto puntate che vi sembreranno più o meno lunghe come il film.
Poi però andate a guardarvi il film… anche perché lì c’è David Bowie.
La serie
— Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino —in originale: Wir Kinder vom Bahnhof Zoo (2021)
in Italia su: Amazon Prime Video
otto episodi di 50 minuti
sceneggiatura: Annette Hess
Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino
Guardalo se
non conosci Christiane F.,
non riesci a ricordare più di cinque titoli di David Bowie,
ti piace Berlino adesso, per capire come era prima (anche se qui è tutto un sacco patinato)
Non guardarlo se
lo sguardo di Christiane F. ha attraversato la tua educazione fuori dall’innocenza,
pensi che il ricordo del film potrebbe uscirne violato,
hai di meglio da fare che ricordarti che non si esce vivi dagli anni Ottanta,
non sopporti le narrazioni sbilenche perché nate sbilenche.
Poi non guardarlo se eri segretamente innamoratə di Natja Brunckhorst.
Nota
*Annette Hess, creatrice della serie, ha detto: “Per me e i miei amici il libro fu una vera bomba. Anche noi avevamo problemi di droga e la vicenda di Christiane ci sconvolse molto. Quando vidi il film ne rimasi delusa perché avevano dovuto tagliare parecchio della storia di Christiane e degli altri ragazzi. Ora che le serie tv sono così popolari, ho capito che era arrivato il momento giusto per raccontare ciò che il film aveva tralasciato”.
Sei dell’umore giusto per
Immaginarsi un’altra vita
fra Pescara e Berlino
a collassare in piazza con Christiane
Santo Niente