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Fleabag

Fleabag

[BBC, Amazon · 2016]

 

Chissà se anche altre persone si sentono così, solo che non ne vogliono parlare, o se sono l’unica a sentirmi in questo modo (e non è divertente)? Fleabag

L’apparizione di Prime Video, come di altre cose tipo Audible, non è avvenuta in una data precisa. Un giorno, una volta fatto il login, la pubblicità di Prime Video era sul banner del sito: oltre alle solite serie già trite e ritrite, e a titoli improbabili della commedia italiana anni Sessanta, c’erano alcuni titoli nuovi. Uno di questi era in inglese e non sapevo cosa volesse dire. Adesso lo so: fleabag vuol dire “sacco di pulci”, è un insulto. Fleabag però è anche la protagonista di questa serie. 
È “un’avida, pervertita, egoista, apatica, cinica, depravata, donna moralmente distrutta che non merita di essere chiamata femminista”. Un sacco di pulci insomma, almeno così dice lei, una sera, ubriaca, parlando con suo padre.

Gestisce, a Londra, una caffetteria in cui non va nessuno e compiange la sua amica scomparsa Boo (si chiama Boo come il boo di peekaboo: “cucùsettete”, quindi tipo Settete).
Boo è morta in modo assurdo, in un assurdo piano per riavvicinare il fidanzato che l’aveva tradita, una specie di suicidio che sta lì sull’estremo universo dei pensieri di Fleabag (per via del senso di colpa, della rabbia e di tutto il resto). Vi giuro che il modo in cui è morta Boo ricorda moltissimo la fine paradossale di Garry Hoy, però qui c’è di mezzo una bicicletta e Garry Hoy non c’entra niente.

Comunque Boo gestiva con lei la caffetteria che adesso sta andando alla deriva, un po’ come l’intera vita di Fleabag. E tutto questo ce lo racconta proprio lei, la protagonista, che sfonda continuamente la quarta parete e parla con il pubblico, come se stesse recitando a teatro.

Proprio dal teatro infatti è partito tutto, dalla stand-up comedy, da un breve monologo che l’attrice Phoebe Waller-Bridge ha scritto per una scommessa: riuscire a scrivere al volo un pezzo da dieci minuti per la stand-up storytelling night di una sua amica. Questo pezzo poi nel 2013 è arrivato al Fringe festival di Edimburgo, dove ha vinto il Fringe First Award. Così è nata la serie (due stagioni, ognuna da sei episodi di 25 minuti) che ha raccattato premi, consensi e ascolti un po’ ovunque.
Anche solo per il fatto che ogni episodio dura 25 minuti per me ha già vinto. Forse è il motivo principale per cui ho cominciato a guardare la serie. Poi ho visto Fleabag passare da una notte di sesso con un ragazzo più narciso di Narciso stesso, all’appuntamento in mise improbabile per ottenere un prestito, e ho pensato: caspita! L’ho pensato perché Fleabag preferisce interagire con il pubblico raccontando la situazione in piena veste di narratrice, anche mentre è impegnata nel sesso o dovrebbe rispondere alle domande dei personaggi che stanno dialogando con lei.

Qualche volta capita che arrivi in ritardo con la risposta anche se i suoi interlocutori, come se fossimo a teatro, sembrano non accorgersi mai del fatto che lei sia costantemente impegnata in una conversazione con il suo pubblico. Un po’ come in Coppia aperta, quasi spalancata di Fo, ma qui è diverso perché, nelle dinamiche di una serie televisiva, l’autrice Phoebe Waller-Bridge (che interpreta anche Fleabag) riesce a immergere lo spettatore in questa tragicomica e rocambolesca farsa sbilenca.

Phoebe Waller-Bridge non è nuova a questo tipo di situazioni, chi ha visto Crashing su Netflix può confermarlo, ma qui, in Fleabag, il dialogo con la quarta parete è portato all’estremo, sperimentando, neanche fossimo in uno show di cucina, le ricette per rimettersi in pista o rimediare a qualche casino.

Non farmi diventare ottimista, mi rovineresti la vita. Fleabag

Qualche tempo dopo che mi ero bevuto la prima stagione di Fleabag come l’Estathé che mi bevevo da bambino allo stabilimento balneare, su Internazionale mi è capitato di trovare un trafiletto di Domenico Starnone che parlava bene della serie.
Mi piace Starnone, il suo romanzo Denti lo trovo bellissimo. Credo che abbiamo gusti simili, per questo leggo i suoi articoli su Internazionale, per prendere magari qualche suggerimento.
Stavolta però sono arrivato prima io.  

Fleabag

La serie

Fleabag
in originale: Fleabag (2016-2019)
in Italia su: Amazon Prime Video 
due stagioni da sei episodi di 25 minuti
con: Phoebe Waller-Bridge, Olivia Colman, Sian Clifford, Andrew Scott 
sceneggiatura: Phoebe Waller-Bridge

Fleabag


Guardalo se

ti piacciono lo humor inglese, il teatro,
i personaggi sconclusionati e frizzanti
e gli epiloghi che fanno riflettere.

Non guardarlo se

hai la congiuntivite o un forte mal di testa e non hai ancora preso un’aspirina.

Ma stai scherzando vero? Muoviti a prendere l’aspirina e mettiti davanti alla televisione.
Se poi la tolgono, ti perdi l’unico vero gioiello dell’era dello streaming.
L’unico problema è che due stagioni sono poche e durano il tempo di un Estathé.


L’autrice

Phoebe Waller-Bridge è nata nel 1985 a Ealing (Londra), in una famiglia dell’aristocrazia terriera britannica. Il nonno materno era barone di Hitcham, mentre un antenato del padre era membro conservatore del parlamento vittoriano. Dopo le scuole private cattoliche, Phoebe si è laureata alla Royal Academy of Dramatic Art e ha iniziato a scrivere, prima per il teatro, poi per la tv e il cinema (tra le altre cose, ha sceneggiato la serie Killing Eve e il film No Time to Die, l’ultimo James Bond con Daniel Craig). Insieme all’amica Vicky Jones ha fondato la compagnia teatrale DryWhite. Con Fleabag ha vinto innumerevoli premi, tra cui Emmy e Golden Globe come miglior attrice e miglior serie comedy.


Fleabag

Being proper and sweet and nice and pleasing is a fucking nightmare. It’s exhausting. As women, we get the message about how to be a good girl – how to be a good, pretty girl – from such an early age. Then, at the same time, we’re told that well-behaved girls won’t change the world or ever make a splash. So it’s sort of like, well, what the fuck am I supposed to be? I’m supposed to be a really polite revolutionary? It’s impossible. Phoebe Waller-Bridge
Sei dell’umore giusto per

I May Destroy You, la serie creata, scritta e interpretata da Michaela Coel. Protagonista è Arabella, blogger londinese di origini ghanesi, che sta scrivendo (ci prova, senza grossi risultati) il suo secondo romanzo. Dopo una serata con gli amici, si sveglia con un vuoto di memoria. Qualcuno l’ha drogata e poi stuprata… ma chi?


 

I’m a bad liar
with a savior complex
All the skeletons you hide
show me yours, and I’ll show you mine

Phoebe Bridgers