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Niente di vero

Niente di vero

di Veronica Raimo
[Einaudi · 2022]

 

Il senso di tutte le cose tende ad assomigliarsi appena ti viene richiesto di esprimerlo, e sembra che la verità possa esistere soltanto nella reticenza. Niente di vero — pag. 162

V
eronica (Verika per la madre, Oca per il padre, Scarafona per il nonno, Vero per gli amici) inventa storie da quando è piccola. Da quando nonno Peppino le ha consegnato un libro di favole di La Fontaine spacciandolo per il premio di un concorso (che lei sapeva bene di aver perso): “se mio nonno poteva mentire, be’, a maggior ragione potevo farlo io”. Inventare è una forma di sopravvivenza per una bambina che trascorre buona parte dell’infanzia chiusa in un appartamento di sessanta metri quadri con il fratello, ad annoiarsi e sbirciare gli altri ragazzini che giocano nel cortile del palazzo.
Non è lei l’autrice dei disegni che la madre orgogliosa ha appeso in corridoio (li ha rubati in terza elementare a due ragazzini di terza media e poi ha finto che fossero suoi). Non soffre di narcolessia, non è allergica al cloro, non ha un disequilibrio congenito tra femore, tibia e perone (anche se ha raccontato queste storie tante volte, per giustificare il fatto di non aver mai preso la patente). Ha scordato quasi del tutto il suo quarto anno di liceo, ma ricorda benissimo la versione inventata e minuziosamente narrata nelle lettere che aveva scritto alla sua amica Cecilia (e che in un certo senso considera il suo primo romanzo). E l’articolo più lungo della sua carriera, quel paginone su un giornale prestigioso (una bella recensione dell’ultimo libro di una famosa scrittrice)? Subappaltato al fratello Christian per cinquecento euro. E il diario che teneva da bambina? Usato per depistare la madre, che lo leggeva di nascosto. Veronica inventa anche i sogni perché è curiosa di farseli interpretare, scoprirne il significato.
Dorme poco, a volte rimpiange il futuro che ha “deciso di non scegliere”. Troppo pigra, troppo orgogliosa della sua indeterminatezza, troppo annoiata, troppo poco ambiziosa perché “coltivare un sogno, alla lunga, è noioso quanto coltivare un orto”. Da bambina sognava di diventare una rockstar planetaria, ma poi non ha imparato a suonare nemmeno uno strumento. Da adolescente escogitava piani per scappare di casa, ma si sono rivelati tutti fallimentari (“il pensiero della fuga è sempre elettrizzante, la sua gestione un po’ meno”). In compenso, si trova a suo agio nei panni degli altri. Approfitta delle partenze degli amici, di amici di amici, di sconosciuti per trasferirsi temporaneamente nei loro appartamenti: leggere i loro libri, ascoltare i loro dischi, usare il loro shampoo, bere il caffè nelle loro tazzine, indossare i loro vestiti. “Quel senso di straniamento mi fa sentire me stessa”.

Le velleità di solito servono a ingannare se stessi, mentre io volevo ingannare gli altri. Niente di vero — pag. 151

A prima vista la sua storia potrebbe sembrare quella di un’inetta, una pavida che si rifugia dietro una o centomila maschere, dietro la scusa dell’indeterminatezza per evitare di scegliere (e di crescere). E invece no. Veronica sa chi è meglio di quanto voglia farci credere. E costruisce con maestria e consapevolezza la propria immagine come solo una donna (una scrittrice) matura può fare.
Leggere la storia romanzata della sua famiglia (una famiglia come tante) è un po’ come ascoltare quello sconosciuto che, nella sala d’attesa di un ospedale, o prima di una lezione all’università oppure durante un viaggio in treno, ti si siede accanto e all’improvviso inizia a raccontarti con aria divertita cose troppo intime e troppo imbarazzanti. Un po’ sorridi, un po’ ti senti a disagio, un po’ ti domandi come sia stato possibile stabilire una connessione così profonda con una persona mai vista prima.
Pur con i continui salti temporali e i ritorni al punto di partenza, le scene al limite del grottesco, le esagerazioni a caccia dell’effetto comico (o forse grazie a tutto questo), Niente di vero è un romanzo riuscito. Uno spietato ritratto della famiglia come luogo castrante e opprimente, l’origine dei traumi con i quali dovrai fare i conti per tutta la vita; il luogo delle aspettative deluse, dei ricatti e delle promesse infrante; dove ti senti sempre imperfetto e carente, e ti affezioni agli altri come avviene tra persone che condividono esperienze profondamente spiacevoli. E un’ode agli affetti che ti scegli, che ti sostengono mentre cerchi di rimettere insieme i cocci e reinventarti, agli amici con i quali puoi prenderti la libertà anche di non rispondere, di non richiamare, e perfino di sparire.

 

Niente di vero

Il libro

— Niente di vero di Veronica Raimo — 
pubblicato da: Einaudi (2022)
in copertina: foto di Marta Bevacqua
prezzo: 18 €
pagine: 176
ISBN: 9788806251895

Niente di vero


Leggilo se

da bambino indossavi i vestiti dei tuoi cugini più grandi,
conservi tutti i regali che ricevi (anche quelli imbarazzanti e offensivi fatti dai tuoi parenti),
trovi il modo di imbrogliare pure quando sembra impossibile,
tua madre lecca sempre metà del tuo gelato, legge la tua posta, origlia le tue telefonate e ti suggerisce le risposte,
da un libro non ti aspetti un messaggio.

Non leggerlo se

non ricicleresti mai la stessa frase per far colpo su due persone diverse,
su Facebook sei amico di tua madre, tuo zio, i tuoi cugini di terzo grado,
non sai chi è Klaus Kinski,
odi le forme brevi e le scritture frammentarie,
adori la Puglia, l’odore di sugo, le orecchiette, l’infinito azzurro del Sud.


Note

*All’inizio questo doveva essere un libro scritto a quattro mani da Veronica e Christian: doveva raccontare la loro famiglia con i due punti di vista e i ricordi diversi. Poi questa idea è sfumata.
*Niente di vero raccoglie anche pezzi di teatro e articoli che l’autrice aveva già scritto.
*Finito in cinquina, ha vinto il premio Strega Giovani e lo Strega OFF.
*Veronica Raimo spera che sua madre non legga mai questo romanzo.


L’autrice

Ogni autobiografia è di per sé una messa in scena, un allestimento di se stessi in cui è difficile stabilire il grado di verità.

Veronica Raimo

Veronica Raimo è nata a Roma nel 1978. Dopo la laurea in Lettere ha vissuto a Berlino, dove è stata ricercatrice alla Humboldt-Universität. Per quasi vent’anni è tornata nella capitale tedesca molto spesso, per lunghi soggiorni, finché non ha deciso che si sarebbe trasferita lì. Ha lasciato a Berlino un borsone nero con le sue cose, che doveva essere “la prima di tante valigie a venire” e invece è rimasta l’unica.
Ora vive al Pigneto. È scrittrice, traduttrice e giornalista culturale.

 

Da una parte c’è quel che decidiamo di raccontare, che scegliamo di riportare. Dall’altra c’è l’abilità della memoria di andare a ripescare i ricordi. Siamo soggetti alla nostra stessa interpretazione, e l’idea che esista una realtà di ciò che siamo mi sembra fallace.

Veronica Raimo

 

Veronica Raimo

Sei dell’umore giusto per

F leabag, serie in due stagioni tratta da un breve monologo dell’attrice Phoebe Waller-Bridge. Racconta (in prima persona) le vicende di una trentenne londinese, cinica e irriverente, che vive un periodo di crisi dopo la morte improvvisa della sua migliore amica. Mentre tutto sembra andare alla deriva, Fleabag resta a galla aggrappata al suo sarcasmo.

 

 

I’m a bad liar
with a savior complex.
All the skeletons you hide
show me yours, and I’ll show you mine.

Phoebe Bridgers

Is your mother worried?
Would you like us to assign someone to worry your mother?

Wet Leg