Transiti
Transiti
di Rachel Cusk
[Einaudi · 2019]
Un sacco di gente passa la vita cercando di far durare le cose, ma spesso è solo un modo per non chiedersi se siano effettivamente quelle le cose che si desiderano. Transiti — pag. 125
Demolire, ricostruire sulle macerie, raschiare, levigare, poi rifinire. Le ristrutturazioni sono faticose ma anche catartiche, e in questo risiede il loro fascino.
Comprare una casa malconcia, con l’idea di sistemarla, è cosa da persone creative e fiduciose: persone che alla “sicurezza di ciò che è conforme, di ciò che è già stato pienamente realizzato” preferiscono l’aleatorietà delle potenzialità inespresse. Un mare di possibilità – molteplici, fantasiose, contraddittorie, a volte irrealizzabili – in cui trovare la rotta in modo personale: poco importa se il risultato finale sarà diverso da quello immaginato, poco importa se la casa resterà incompiuta per mesi, oppure anni, l’importante è che rispecchierà chi la abiterà, sarà espressione del suo gusto e della sua complessità.
Ristrutturare una casa è impresa dura e ricca di insidie, necessita coraggio e forza d’animo.
Tanto più quando la casa in questione è metafora di un’intera esistenza.
È proprio questo il caso di Faye, scrittrice sulla cinquantina che sta cercando di riprendere in mano la sua vita dopo la separazione dal marito. I due figli sono abbastanza grandi e possono stare un po’ dal papà. Lei è pronta per tornare a Londra, la città dove viveva prima del matrimonio (prima di trasferirsi nel Sussex, prima di diventare madre), ed è abbastanza creativa e fiduciosa da acquistare un appartamento in un edificio vittoriano di tre piani, tanto malconcio da aver messo in fuga ogni possibile acquirente. Come se non bastasse, durante la ristrutturazione Faye decide di vivere lì, nel cantiere: in quello scheletro di casa, fatiscente, esposta, indifesa, permeabile, “come se tutto ciò che i muri e i pavimenti avrebbero dovuto tener fuori ora fosse libero di entrare”.
Stavo cominciando a vedere nel succedersi degli eventi quello che alcuni chiamavano fato, come se vivere fosse un semplice atto di lettura, leggere per scoprire quel che verrà dopo. Transiti — pag. 149
Faye è la narratrice in prima persona della “trilogia dell’ascolto” (Resoconto, Transiti e Onori), ma non sappiamo molto di lei. Non ama parlare di sé, preferisce invece osservare e ascoltare gli altri: ci descrive le persone che incontra – a casa, per strada, al bar, dal parrucchiere, a un festival letterario… – e le conversazioni avute con loro, che spesso somigliano più a monologhi, confessioni o sedute di psicoanalisi. Faye fa qualche domanda, brevi commenti, ma più che altro ascolta e riporta le riflessioni degli altri, nelle quali è facile trovare qualcosa di sé, qualcosa di noi.
Il divorzio, il trasferimento nella grande città e la ristrutturazione in corso pongono Faye in una fase di transizione, in cui i vecchi punti fermi sono ormai perduti e, nel ricostruire la propria immagine (e la propria vita) a partire da quella esile sagoma (“outline”) che ne è rimasta, lei è di certo libera, ma anche particolarmente esposta, indifesa, permeabile, proprio come la sua casa.
L’ex fidanzato, la vecchia amica, la studentessa di scrittura creativa, il parrucchiere, il muratore polacco, tutti sembrano cogliere la vulnerabilità di Faye e, forse per questo, decidono di scoprirsi a loro volta: mostrano le proprie fragilità, svelano le ferite che affondano nell’infanzia, nel rapporto con i genitori, in un vecchio trauma, o a volte sono più recenti, provocate da una relazione tossica, dalla genitorialità, da una crisi professionale… Scopriamo così che molti di loro hanno brancolato a lungo nelle macerie della propria esistenza, senza rendersene conto, finché non è arrivata la dolorosa consapevolezza: molti raccontano a Faye proprio quel momento di illuminazione, che li ha aiutati a ritrovare la rotta, riprendere in mano la propria vita, renderla più a misura di sé.
Transiti è il volume intermedio della trilogia di Rachel Cusk, e forse il più affascinante.
Per via dell’assenza di trama e di personaggi ricorrenti (gli interlocutori di Faye compaiono solo una volta e poi spariscono dalla scena), non è necessario leggere tutti i volumi (né tantomeno leggerli in sequenza) per apprezzarne la grazia, il sapore classico, la scrittura elegante, levigata come una parete appena imbiancata, stratificata come una vecchia casa che ha accresciuto la sua bellezza nel tempo, per merito delle diverse persone che l’hanno rimaneggiata, ripulita del superfluo, raschiata, levigata, rifinita, abitata, resa espressione del proprio gusto e della propria complessità.
Qualunque cosa vogliamo pensare di noi stessi, non siamo che il risultato di come gli altri ci hanno trattato.
Transiti — pag. 9
Il libro
— Transiti di Rachel Cusk —
in originale: Transit (2016)
pubblicato in Italia da: Einaudi (2019)
tradotto da: Anna Nadotti
in copertina: olio su tela di Jarek Puczel
prezzo: 17 €
pagine: 196
ISBN: 978-88-0623-657-1
Transiti
Leggilo se
come un serpente hai spesso cambiato pelle,
sei un lettore di racconti,
trovi piacevole l’anonimato della vita in città,
sei grato a quello sconosciuto che sul treno ti ha raccontato la sua vita,
prima di acquistare una casa, verifichi che sia luminosa ed esposta a est
Non leggerlo se
sei stanco di aspettare Godot,
sei fan della narrativa americana, dello “show, don’t tell”, dei libri da leggere tutto d’un fiato,
tingi i tuoi capelli per liberarti dal grigio,
cerchi risposte e non mezze verità,
quando hai acquistato casa, ti hanno convinto le rifiniture.
Note
*La trilogia comincia con Outline (pubblicato nel 2014), prosegue con Transit (2016) e Kudos (2018). Le edizioni paperback inglesi di Faber & Faber, con progetto grafico di Rodrigo Corral e fotografie di Charlie Engman sono splendide.
*In Italia i tre volumi sono usciti tutti per Einaudi Stile Libero Big, con traduzione di Anna Nadotti, tra il 2018 e il 2020.
*Outline (Resoconto) è nato durante un corso di scrittura creativa che Rachel Cusk ha tenuto ad Atene, con il sostegno del British Council.
L’autrice
È buffo – ha detto, – tu hai sempre cambiato tutto e io niente eppure siamo finiti entrambi nello stesso posto. Transiti — pag. 13
Rachel Cusk è nata nel 1967 a Saskatoon, in Canada, da genitori inglesi e cattolici. Ha trascorso l’infanzia a Los Angeles e poi si è trasferita in Inghilterra. Con il primo romanzo, Saving Agnes (inedito in Italia) ha vinto il Whitbread Awards. Del 2001 è il memoir sull’esperienza della maternità: Il lavoro di una vita (appena uscito per Einaudi in una nuova edizione). Del 2012 è invece Aftermath, il memoir sul divorzio dal secondo marito, il fotografo Adrian Clarke.
Cusk ha insegnato scrittura creativa per quasi dieci anni e poi ha smesso. È allergica ai cani, ma in ogni suo libro ce n’è almeno uno. Le piacciono gli scacchi. Non parla con i suoi genitori da anni. Vive a Londra con il terzo marito e le due figlie adolescenti.
Essentially, I think all the problems of writing are problems of living. And all the problems of creativity are problems of living. They are all problems which we all share.
Rachel Cusk
Sei dell’umore giusto per
Coffee and Cigarettes, scritto e diretto da Jim Jarmusch.
Manifesto di minimalismo, uscito nel 2003, è composto da undici cortometraggi girati in quasi vent’anni. Nato come un divertissement, vede amici celebri di Jarmusch – Roberto Benigni, Steve Buscemi, Cate Blanchett, Bill Murray, i White Stripes – fumare, bere caffè e chiacchierare su linguaggio, comunicazione, sogni, destino, solitudine…
Non tutti gli episodi sono brillanti come avremmo voluto, ma quello con Tom Waits e Iggy Pop (Somewhere in California) si è aggiudicato la palma d’oro al Festival di Cannes ed è diventato un cult assoluto.